San Vincenzo era nato povero, figlio di contadini, nella regione delle Lande nel sud della Francia. Era il 1581. Un signorotto del posto, vedendo l'intelligenza del ragazzetto, patrocinò i suoi studi nella più vicina cittadina, Dax, prossima al suo villaggio nativo, Pouy. La scoperta della propria intelligenza portò il giovane Vincenzo a sentire il disagio per la sua origine povera. Nacque allora nel suo immaginario giovanile l'idea di potersi affrancare da quell'origine contadina attraverso la carriera, quella più facile per chi non aveva avuto la sorte di essere nato tra la nobiltà, la carriera ecclesiastica. Terminati i suoi studi di filosofia e teologia si fece ordinare prete. Lo scopo era semplice: guadagnarsi una posizione sociale che gli permettesse di vivere agiatamente. Ben presto riuscì ad ottenere qualche piccolo incarico nella zona, ma se voleva veramente emanciparsi avrebbe dovuto puntare sulla grande città. Roma e Parigi erano le sue aspirazioni.

Nell'indaffararsi per ottenere "una buona sistemazione" però, Dio permise che il giovane Vincenzo, in viaggio per mare nei pressi di Tolosa, venisse fatto prigioniero dai corsari che infestavano i mari con le loro scorrerie. Fu portato in Tunisia, schiavo. Qui cominciò a sentire per la prima volta il frutto amaro di una carriera che si spezzava. Cercava la libertà, ed ecco la schiavitù. Dopo due anni, finalmente potè gustare di nuovo la libertà. Quando uno ha un'idea in testa è difficile che se la tolga: quella resta il progetto, l'idea fissa, il punto irrinunciabile. E così Vincenzo si dà da fare, finché riesce ad arrivare a Parigi con la raccomandazione di un alto prelato romano.

N
on ha ancora tanti soldi. Deve accontentarsi di una stanza a pigione che condivide con un avvocato delle sue terre. Un giorno, rimasto ammalato e solo nella stanza, venne servito da un domestico della vicina trattoria. Questi, avendo visto un gruzzoletto di soldi a portata di mano, li fece sparire. Quando tornò a casa il compagno di camera, accusò Vincenzo di averlo derubato. Vincenzo cadde in una grande prostrazione. Sapeva di non aver sottratto nulla. La sua indole era la sincerità. D'altra parte non era in grado di difendersi, poiché non s'era accorto di nulla. Se anche avesse buttato il sospetto su quel cameriere, non sarebbe approdato a nulla, perché non aveva prove. D'altra parte non aveva di che restituire. Così passò per ladro davanti a tutto il quartiere in cui abitava. Si usava allora pubblicare e proclamare per due domeniche consecutive i delitti e le colpe di chi era sorpreso in latrocini od altro. Questa umiliazione gli fu salutare. Decise in cuor suo di offrirla per amore di Dio. La grazia di Dio cominciava a scrostare dalla sua persona tutte le impalcature che si era costruito.
 
In ogni caso la sua permanenza a Parigi gli offrì nuove occasioni di raggranellare qualche lira per realizzare il suo progetto. Quando ne ebbe a sufficienza, decise di impegnare i suoi soldi nel beneficio di un'abbazia. Il sistema dei benefici era allora il modo per avere una rendita sicura. Così acquistò l'abbazia di Saint-Léonard-de-Chaumes, immaginando di avere finalmente coronato il suo sogno di agiatezza. Ma quando andò per prenderne possesso non vi trovò che rovine. In un attimo tutto andò in fumo. E la sua intelligenza cominciò a guardare un poco più in profondità la realtà. Aveva allora una trentina d'anni.  

Era entrato nel frattempo fra gli elemosinieri della corte e, secondo le usanze del tempo, aveva incominciato a frequentare i poveri, ai quali doveva dare le elemosine della regina. Nello stesso tempo fece anche la conoscenza con il movimento devoto. Entrò nel circolo di persone di rango piuttosto elevato, che facevano capo al cardinal de Bérulle e che sosteneva la necessità di una riforma interiore per rivitalizzare la Chiesa.


Questi incontri provocarono un subbuglio nel suo animo circa il suo sacerdozio. Non gli bastava più essere prete qualsiasi, amministratore del sacro. L'esperienza di cura d'anime a Clichy, piccola parrocchia alle porte di Parigi, lo incoraggiò a iniziare una conversione interiore nella sua vita. Il popolo di Dio era ignorante, ma buono. Aveva bisogno di persone che si dedicassero alla sua istruzione. Pensieri su pensieri. Sentimenti e intuizioni. Paure e ansie. Per quattro anni il suo animo fu trascinato da intenzioni buone, ma come bloccate. San Vincenzo era un sensibile. Capiva subito, ma non riusciva a decidersi. Questo stato generò una specie di depressione spirituale, una crisi di coscienza. Il senso dell'inutilità della vita lo tormentava. La fede diventò un problema, invece che essere la risposta serena ai problemi della vita. Cadde in un profondo tormento, al punto che si era cucito un foglio con sopra scritto il Credo nel risvolto dell'abito all'altezza del petto, in modo che quando la crisi di fede lo tormentava vi poneva sopra la mano per esprimere la propria decisione di voler credere. La crisi durò circa quattro anni.

Un giorno gli venne messo in mano una considerevole somma di denaro. Quei soldi gli scottavano in mano. Da una parte rappresentava tutto quello che era andato cercando in quegli anni. Da un'altra, il denaro aveva perso il sapore di un tempo. Decise di consegnarlo ai poveri dell'Hotel-Dieu, l'ospizio-ospedale di Parigi. E nello stesso tempo decise di votare la propria vita ai poveri. Questo atto, totalmente gratuito e libero che gli era sbocciato in cuore, fu la sua liberazione. Aveva circa 35 anni. Nel bel mezzo della vita ormai non poteva più sfuggire a una strada che gli era stata tracciata misteriosamene: la strada dei poveri. Non riusciva però ancora capire come si sarebbe sviluppata quell'intuizione. Lo invadeva una sensazione di libertà; ma si trattava ora di darle forma. In questo tentativo poteva nascondersi ancora un senso di potere sulla propria vita. Per evitarlo si lasciò condurre dagli eventi. Dio lo aveva liberato dall'angoscia, ora Dio doveva indicargli la strada. Rimase in attesa e la Provvidenza non tardò a farsi sentire. 
 
Da qualche tempo era diventato precettore dei figli della nobile famiglia de Gondi. Una delle più nobili famiglie di Francia, che darà alla Chiesa due arcivescovi di Parigi. Questo compito però lo adempiva dedicandosi, nei tempi liberi, anche a svolgere del ministero sacerdotale presso i poveri contadini delle terre di questi signori. Un giorno venne chiamato al capezzale di un uomo nel villaggio di Gannes. Questi, dopo essersi confessato da san Vincenzo, volle avere intorno a sé la gente del suo villaggio e, tra la meraviglia generale, raccontò che se non ci fosse stato quel prete si sarebbe dannato, perché fin da giovane aveva nascosto nelle sue confessioni un peccato di cui si vergognava, sicché tutte le confessioni era state sacrileghe. A quella vista san Vincenzo si disse: se questi che passava per uno dei migliori del villaggio si trovava in questa condizione, che ne sarà degli altri? La domenica successiva nella chiesa di Folleville fece alla gente un'esortazione sulla confessione generale e la predica riuscì talmente bene che da solo non riuscì ad ascoltare tutte le confessioni della gente, al punto che dovette chiedere aiuto a gesuiti di Amiens. Era il 25 gennaio 1617. Era l'inizio della "Missione": cioè della vocazione fondamentale a cui Dio lo chiamava, e cioè a riannunciare il Vangelo della salvezza alla povera gente. Senza averlo previsto dunque la sua vita stava prendendo una piega che lo attraeva e lo spingeva. La sua vocazione si realizzava davanti ai suoi occhi e nella sua anima. Si trattava ora di esserle fedele.

L'essere educatore dei figli dei Gondi a questo punto gli era diventato stretto. Su consiglio del cardinale de Bérulle, partì allora per una parrocchia al centro della Francia, a Châtillon-les-Dombes, che da tempo era abbandonata e senza preti, così come gran parte delle chiese nelle campagne della Francia. I preti cercavano posti di prestigio nelle corti e nelle città, piuttosto che dedicarsi all'annuncio del Vangelo presso la povera gente della campagna. Qui a Châtillon Dio lo chiamava attraverso un secondo evento, che ancora una volta Vincenzo leggerà in chiave vocazionale. 

Una domenica, mentre stava per salire all'altare per la celebrazione della Santa Messa, gli venne riferito che una donna vedova con un nugolo di bambini era ammalata e che stava per morire di fame. Durante la predica san Vincenzo parlò, cuore alla mano, alla sua gente sulla carità. Ed anche questa volta Dio toccò il cuore della popolazione. Nel pomeriggio, dopo le funzioni, mentre si recava a trovare quella povera donna, incontrò una processione di persone che tornavano da quella casa. 

Ed a sua volta entrato trovò un gran bene di Dio, che era stato portato dai parrocchiani. Al rientro però ragionò: questa famiglia oggi ha il necessario ed in abbondanza, ma fra qualche giorno il problema rinascerà. Raccolse allora le donne maggiormente sensibili del villaggio e le organizzò in confraternita per la visita ai poveri. La sua vocazione raggiunse la sua completezza. Era nell'agosto del 1617. Nascevano così le "Carità" o confraternite della Carità, il cui scopo era di servire i poveri. 

Il nucleo della sua vocazione ormai, sotto l'influsso della grazia, si era formato. Restava ora la fedeltà a quello che gli era accaduto. Ogni vocazione ha sostanzialmente il medesimo modulo. Dio chiama attraverso i fatti della propria vita. Li provoca con un po' di irrequietezza, finché riesce a vincere le resistenze. A quel punto non resta che continuare nella pazienza della fedeltà a seguire la grazia che continuerà a farsi sentire, se con la preghiera e l'ascolto ci si sforzerà di credere di più a Lui che ai propri progetti.