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Spiritualità Vincenziana e l'amore dei poveri |
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1. La chiave di lettura per comprendere la spiritualità vincenziana sta nel Vangelo della carità. E' una bella notizia per i poveri, i deboli e gli scoraggiati della vita. E la bella notizia è che essi sono amati da Dio, perché è un Padre di misericordia, che abbraccia e stringe a sé proprio loro che non si sentono nessuno. Non solo: ma c'è posto per tutti in questo abbraccio: basta farsi piccoli e sapersi fidare di Lui, vivendo l'ordinarietà della vita senza pretese, sforzandosi di essere ogni giorno un poco migliori e volendo bene ai vicini e ai lontani come figli dello stesso Padre. |
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2. Il carisma vincenziano vive nel riflesso della gratuità di Dio verso ogni sua creatura. Tutto in noi è gratuità. La vita ci sboccia continuamente davanti agli occhi. Nessuno la decide, tutti se la trovano in seno. Nessuno è inizio di se stesso. In ogni istante che passa, la vita la riceviamo. Non c'è eccezione né per potenti, nè per poveri. La dimenticanza di questo fatto è come un piccolo spostamento di prospettiva iniziale che determina ampie storture finali. |
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3. Non si può capire la vita come amore, se non ci si accorge della gratuità di Dio per noi. Il riflesso nell'animo umano dell'esperienza della gratuità è il sentimento di gratitudine. Se tutto mi è dato non può esserci che la sorpresa del dono di esserci. La gioia di esserci. Che in me almeno non ci sia la presunzione della padronanza e del potere, per cui viva la vita come pretesa! Gratuità e gratitudine sono le mosse segrete dell'amore di carità. Senza di esse la carità tenderebbe a tingersi di dovere. Ma la carità non è un dovere: è il sentimento di sé che sgorga dalla profondità di un cuore commosso per l'amore ricevuto per grazia. Per grazia, quindi gratuitamente, inattesamente, spontaneamente. La carità sgorga come il flusso di un'esperienza di gratuità precedentemente respirata a pieni polmoni su di sé. Il che viene a mostrarsi tutte le volte che esperimento il perdono di Dio sul mio peccato. |
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4. Solo all'interno di questo sistema spirituale è possibile leggere l'amore per i poveri. Il mendicante non può nulla pretendere, riceve tutto. Se non si è così davanti a Dio non si attinge alla sorgente dell'amore e quindi non si può contagiare altri con l'amore di gratuità. In san Vincenzo infatti il carisma comincia ad operare soltanto quando si spoglia di sé. Quando fa l'esperienza della propria povertà ha incominciato anche a vedere la miseria dei poveri fuori di sé. Il percorso che l'ha portato a toccare con mano la personale ed intima miseria è stato il percorso che gli ha aperto gli occhi per amare. E' stato il percorso della discesa nel mistero della gratuità. Solo la povertà personale poteva svelarglielo. E questo è il percorso eterno dello sbocciare della carità in questo mondo. |
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5. Ha fatto così Gesù nella sua umanità. Egli ha camminato ricevendo tutto dal Padre. E' disceso fino all’annientamento del silenzio del Sabato Santo, andando a toccare il vuoto assoluto dell'uomo decaduto. E lì dallo Spirito d'Amore ha ricevuto la vita risorta. Quella vita che è l'amore trasfuso in noi. Ed è di questo amore che san Vincenzo ha potuto amare. Non si può andare ai poveri in verità, ossia dentro ad un rapporto che non sia di semplice consolazione o di solidarietà nei beni materiali, se non si fa esperienza di essere noi stessi poveri come coloro che si incontrano. Poveri di umanità. Poveri perché tutto è dato. Poveri anche noi, e pertanto aperti a condividere un brano di umanità in una relazione di carità, dove ci si scambia quell'umano donato che fa scaturire la gioia di un riconoscimento reciproco. |
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6. Tutti possono fare l'elemosina a chi si trova nel bisogno. Ma vivere la carità è altro. Come, interpretando in maniera eccellente il pensiero di san Vincenzo, si spiega nel dialogo che Monsieur Vincent, nell'omonimo film di Maurice Cloche, fa con la più giovane delle Figlie della Carità, soeur Jeanne, che deve andare per la prima volta nella visita ai poveri. |
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“Piccola Jeanne, ho voluto vederti. So che sei coraggiosa e buona. Tu vai domani per la prima volta dai poveri. Non ho sempre potuto parlare a quelle che andavano dai poveri per la prima volta. Eh, non si fa mai quello che si dovrebbe! Ma a te, la giovane, l'ultima, debbo parlare, perché è importante. Ricordati bene, ricordatelo, sempre: tu vedrai presto che la carità è un fardello pesante, più pesante della pentola della minestra e del cesto del pane. Ma tu conserverai la tua dolcezza e il tuo sorriso. Non è tutto dare il brodo e il pane. Questo anche i ricchi possono farlo. Ma tu sei la piccola serva dei poveri, la Figlia della Carità, sempre sorridente e di buon umore. Essi sono i tuoi padroni, padroni terribilmente suscettibili ed esigenti, lo vedrai. Allora più saranno ripugnanti e sudici, più saranno ingiusti e rozzi, più tu dovrai dar loro il tuo amore. E non sarà che per questo tuo amore, per il tuo amore soltanto, che i poveri ti perdoneranno il pane che tu darai loro”. | |
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La carità dunque indica una qualità della persona: il suo essere sorpreso da un amore che lo avvolge e che perciò può diffondere intorno a sé con la sua stessa presenza. Allora questa persona sarà amabile, perché semplice, umile, dolce e capace di mortificazione. Queste sono anche le virtù caratteristiche che danno forma alla figura umana del vincenziano. Sono le virtù che sostengono la carità vissuta nello stile vincenziano. | | | |