Nel seicento ai personaggi illustri, soprattutto se morti in fama di santità, prima della sepoltura dal corpo veniva estratto il cuore e conservato con ogni cura e venerazione.
|
|
|
|
|
|
Così avvenne per san Vincenzo. Il suo cuore divenne oggetto di venerazione pubblica dopo la proclamazione da parte della Chiesa, della sua santità.
Quando scoppiò la rivoluzione francese, uno dei primi atti fu il saccheggio della casa di San Lazzaro a Parigi. I rivoluzionari depredarono la casa, ma lasciarono intatte le reliquie di san Vincenzo, il cui corpo era deposto in un’urna d’argento ed il cuore rinchiuso in un reliquiario donato dalla duchessa d’Aiguillon, la nipote del card. Richelieu e grande benefattrice delle opere di carità di san Vincenzo. Allora era assistente generale e direttore delle Figlie della Carità, padre Domenico Siccardi, nativo di Frabosa di Mondovì. Alla vista della furia rivoluzionaria il padre generale, Cayla de la Garde, fece nascopndere in Francia l’urna con il corpo del santo.
Il reliquiario con il cuore invece fu affidato a padre Siccardi perché lo portasse al sicuro a Torino. Egli lo nascose in una cavità a forma di cuore ricavata nel secondo volume della Vie des Saints di Fr. Grey. la preziosa reliquia rimase a Torino e a Mondovì dal 1792 al 1805.
Finita la rivoluzione, la reliquia fu riportata in Francia, ma a Torino furono conservati una particella del cuore e altre memorie di san Vincenzo: i suoi abiti, indumenti personali ed un centinaio di lettere.
Questi preziosi ricordi sono oggi custoditi nella Casa Provinciale dei Missionari a Torino.
Bibliografia:G. Tonello, Prezioso tesoro religioso quasi ignorato in Torino, in Annali della Missione 1928, 388-396.
|